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proprietà della chiesa


PROPRIETÀ DELLA CHIESA

Complesso di beni temporali che appartengono alla Chiesa cattolica o ad enti di diritto ecclesiastico. La storia della chiesa è caratterizzata da una tendenza all'espansione nello spazio, le cui fasi sono: la predicazione, la costituzione di centri religiosi (chiese, vescovadi, monasteri), l'occupazione del suolo. Una volta costituitosi il centro religioso, questo veniva immediatamente dotato di terre, sia per ragioni economiche sia di apostolato. La chiesa primitiva era relativamente dotata di beni, ma un editto di Costantino del 321 l'aveva abilitata a possedere e a succedere. Donazioni e lasciti ereditari, già numerosi in epoca romana, si incrementarono nell'alto Medioevo (fondamentale la donazione di Sutri, 728) con il consolidamento dell'autorità vescovile nelle città, la diffusione del monachesimo, l'espandersi del patrimonio del papa. Gli imperatori carolingi dotarono queste terre di un regime immunitario. Il ritmo dei lasciti si mantenne in seguito elevato fino al XVIII secolo. È difficile valutare l'entità del patrimonio così costituitosi: una tradizione vuole che esso corrispondesse a un terzo della superficie della "cristianità", cioè dell'Europa. I problemi posti dal suo controllo alla chiesa furono numerosi. Esso richiedeva a vescovi e abati di farsi amministratori; alimentava lotte di potere e rivalità. Più in generale si riteneva che il possesso di questi beni, che già il canonista Graziano definiva exteriora, fosse in contrasto con la missione spirituale della chiesa. D'altro canto, una situazione particolare era quella dei contadini i cui signori erano ecclesiastici (si è ipotizzato che nelle grandi proprietà ecclesiastiche medievali la condizione dei servi fosse migliore). Infine, questi beni suscitavano l'appetito dei laici e particolarmente dello stato, quando esso si rafforzò, a partire dall'acquisizione dei beni dei templari da parte di Filippo IV il Bello (1314), dopo la soppressione dell'ordine nel 1312, cui fecero seguito le acquisizioni di beni ecclesiastici da parte dei principi tedeschi durante la Riforma e la soppressione dei monasteri inglesi attuata da Enrico VIII (1536-1539). Questo processo culminò con le vaste espropriazioni volute dai sovrani illuminati (l'imperatore asburgico Giuseppe II nel 1781) e con la Rivoluzione francese.